Fine agosto 2003, io e Enrico arriviamo
all'aeroporto di Iraklion nel tardo pomeriggio e subito via, in taxi a
Matala, nel profondo sud dell'isola. Ci attendono al Dimitris Villa Hotel.
L'abbiamo prenotato via internet, è un hotel semplice, senza grandi
pretese, ma con camere abbastanza ampie, aria condizionata, frigorifero
e terrazzino, per 30 euro a notte è una buona soluzione.
Il piccolo villaggio di Matala deve
la sua fama alla grande roccia di tufo che si tuffa nel mare quasi fosse
una nave che sta affondando. Tutta la roccia presenta un ricamo di caverne
e anfratti, abitati fin da tempi remotissimi, ma che oggi si ricordano
soprattutto per avere ospitato una comunità Hippy negli anni '70.
Naturalmente oggi non è rimasto nulla di questo suo passato alternativo.
Di giorno frotte di pulmann scaricano turisti di ogni provenienza, la spiaggia
è affollata e attrezzata con ombrelloni e lettini. La sera
invece l'atmosfera cambia radicalmente, tutto diventa più intimo
e la folla del giorno lascia il posto ad un piccolo popolo di turisti che
si concentra nei ristoranti e nei piccoli disco pub affacciati direttamente
sul mare. Le piccole luci dei lumi a petrolio sui tavoli, le lampade che
illuminano il mare e la roccia sull'altro lato della baia, tutto contribuisce
a creare un contesto in cui ci si può trovare a proprio agio e quanto
mai lontani dal caos delle città che abbiamo lasciato alle spalle... |
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LA RED BEACH
Matala è anche il punto di
partenza per andare in altre spiagge, tra queste la "red beach" è
la più vicina, raggiungibile solo a piedi (oltre che via mare, ma
non so se qualcuno a Matala effettua questo servizio).
Così il primo giorno della
nostra permanenza abbiamo deciso di andarci, nella speranza di trovare
un luogo più tranquillo dell'affollata spiaggia del villaggio. Fatta
la nostra colazione, nel primo pomeriggio, seguendo le indicazioni di alcuni
cartelli di legno scritti a mano, ci siamo avventurati per il sentiero
diretto alla red beach... all'inizio sembrava un tranquillo sentiero come
tanti, ma ben presto ci siamo trovati ad arrampicarci fra le rocce, senza
più l'ombra di un tracciato da seguire, si trattava solo di salire,
superare una collina rocciosa e sudare, sudare sudare. Nel corso della
salita si incontrano altri turisti di ritorno dalla spiaggia ed è
facile fare conoscenza, scambiarsi opinioni o anche solo incoraggiamenti.
Al di là della fatica, la scalata
offre la vista di scenari bellissimi, alle nostre spalle si vede Matala
sempre più lontana, le colline rocciose che la circondano in un
paesaggio dall'aspetto selvaggio. Raggiunto il culmine della scalata si
apre davanti a noi un panorama spettacolare, si vede tutta la costa frastagliata
e rocciosa, la spiaggia, a parte una piccola fila di ombrelloni, non si
vede l'ombra di alcuna costruzione umana, si ha davvero l'impressione di
essere in luogo che è così da sempre.
Finalmente raggiungiamo la spiaggia,
la sabbia ha il colore rossiccio che gli ha dato il nome, il mare è
limpido e subito abbastanza profondo, sulle rocce si possono vedere ancora
graffiti che ci riportano al passato hippy di Matala... però non
c'è l'ombra di un chiosco, quindi l'avviso per chi abbia intenzione
di andarci è di portare con sé l'acqua.
L'isolamento della spiaggia permette
anche di praticare il naturismo in piena tranquillità... ma io sono
ancora troppo pudico per farlo.
Lasciamo la spiaggia ben prima del
tramonto e, dopo aver ripercorso all'inverso la scalata, finalmente troviamo
ristoro a Matala. |
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